Con la sentenza Cassazione civile n. 17625 del 05.09.2016, la Cassazione accoglie il ricorso proposto avverso la decisione della Corte d’Appello, che aveva rigettato la domanda di risarcimento danni in pregiudizio del Comune per lesioni riportate in seguito a una caduta provocata dal manto stradale sconnesso.
In particolare, il giudice d’appello, dopo avere accertato che effettivamente la caduta era stata causata dalle buche e dal brecciolino presenti sulla strada, non ha accolto la domanda in quanto la vittima non avrebbe provato che lo stato dei luoghi presentava una obiettiva situazione di pericolosità, traendo dalla ritenuta non pericolosità della cosa l’assenza di colpa del custode.
Tali conclusioni, afferma la Corte di legittimità, non sono coerenti con la consolidata interpretazione dell’art. 2051 c.c., secondo cui la pericolosità della cosa fonte di danno non è fatto costitutivo della responsabilità del custode, ma è semplicemente un indizio dal quale desumere, ex art. 2727 c.c., la sussistenza d’un valido nesso causale tra la cosa inerte e il danno.
In particolare, ai fini del riparto dell’onere probatorio tra danneggiato e custode, nei casi in cui si applichi l’art. 2051 c.c., occorre distinguere l’ipotesi in cui il danno è causato da cose dotate di intrinseco dinamismo, da quelle in cui la causa proviene invece da cose inerti (marciapiedi, scale, strade, pavimenti, e simili).
Nel primo caso, l’attore ha solo onere di provare il nesso causale tra la cosa ed il danno, non essendo necessaria l’ulteriore prova della pericolosità della cosa per ottenere la condanna del custode, mentre nel caso di cose inerti e visibili, la dimostrazione della sussistenza del nesso causale tra cosa e danno può evincersi dall’accertamento della pericolosità della cosa.
Una volta accertato il nesso causale, graverà invece sul custode, al fine di sottrarsi alla responsabilità ex art. 2051 c.c., la prova della colpa esclusiva o concorrente del danneggiato.
Quindi, se il danno si assume provocato da una cosa inerte, il giudice può risalire dal fatto noto della pericolosità intrinseca della cosa al fatto ignoto dell’esistenza del nesso causale, mentre dal fatto noto che la cosa non fosse pericolosa può risalire al fatto ignorato che sia stata la distrazione della vittima a provocare il danno.
Ritenuto che, nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva già positivamente accertato la sussistenza del nesso causale, l’ulteriore dimostrazione della pericolosità della cosa era superfluo ai fini della responsabilità del Comune, il quale, per andarne esente, avrebbe dovuto provare la propria assenza di colpa.